Torna alla sezione Sorge
01 Hancock 96 (06:12)
02 Nuccini (03:51)
03 Il Cerchio (05:06)
04 Bar Destino (03:52)
05 Vera in Cucina (02:46)
06 Accetto Tutto (04:00)
07 Noi Facciamo Ciò Che Siamo (03:32)
08 La Spiaggia (04:03)
09 In Famiglia (04:50)
10 Quello Che Ho Preso (03:30)
Anno: febbraio 2016
Durata totale: 42 min.
Etichetta: La Tempesta
Emidio Clementi: piano, voce
Marco Caldera: programmazioni, synth, samplers
Francesca Bono: cori in 06, 07 e 09
05 è strumentale
Prodotto da Marco Caldera
Registrato e mixato da Marco Caldera al Red Carpet studio di Brescia (BS)
Masterizzato da Giovanni Versari presso La Maestà Mastering, Tredozio (FC)
Artwork: Gianluca Costantini
01 Hancock 96
Attorno a un tavolo
all’ultimo piano
stasera beviamo
alla faccia di chi ci deve i quattrini
alla faccia di quelli a cui li dobbiamo
a questo mondo spietato
che non non accetta più cambiali
né pagherò
né pagherei
né la vecchia e cara stretta di mano
Stasera però beviamo
Abbiamo un tavolo prenotato da Hob
da Sable
da Sax
da Weegee’s
da Louie
da Wit
e infine quassù in alto
all’ultimo piano
E tra un cocktail e l’altro
un discorso accennato
teniamo in ordine i conti
le entrate
le uscite
le spese
i risparmi
i diritti ceduti
le royalty accumulate
per poi realizzare che i dividendi non bastano
a prenotare una stanza per più di una notte all’Allerton Plaza
Ma stasera mi sento fortunato vestito tutto di blu
in tasca ho un dente di bimba che una sera d’estate è caduto a mia figlia
tiene lontane le ombre
tiene lontano il passato
tiene lontana la gente che chiama alle dieci di sera
in cerca di conforto
una parola buona
una rima che non stona
un’apparizione a Roma
Stasera però, dico, sono a posto così
perciò all’incrocio mi sporgo
e faccio segno al tassista di accostare a sinistra
e una volta sceso apro il portafogli
e conto quello resta
dopo la cena
la mancia
e dodici cocktail Martini
Allora convinco Wendy ad aprire il suo
di pelle pregiata
cucito a mano da un artigiano di fama
“Un dollaro al ragazzo”, dico
“un dollaro alla madre,
un dollaro anche al reduce dell’Iraq, Wendy,
che canta Presley e le canzoni di Natale”
Quassù mi metto a guardare le luci giù in fondo alla strada
il punto dove tutto finisce, dove la gente si spara
il bus lì non ferma
il mondo lì non prende
l’autista lì non scende
Ha i parenti in Polonia
la moglie di Praga
e una figlia già grande che studia fisica o storia all’università di Germania
Il barman invece qui si allarma
ha una riga sul volto
lo sguardo sconvolto
mentre fissa la macchina del ghiaccio che gira a vuoto
Gli è caduta una lacrima, confessa, dentro a un Daikiri
chi la trova è pregato di restituirgli i sospiri
C’è una luce che inganna a quest’ora del giorno
al 96° piano della torre più alta del mondo
il giallo sembra oro
il verde sembra smalto
il rosso s’accende di colpo come fosse un semaforo
Si storce un po’ il mondo adesso
s’alzato il vento
quando d’un tratto mi guardo di nuovo le tasche e realizzo contento
che non ho più una lira
che ho perso anche i buoni
il dente di mia figlia
e il biglietto per il concerto del Reverendo Joy
Ma è l’ora di andare
di chiedere il conto
che giro a Wendy e al suo portafoglio
quindi annuncio rivolto alla sala
"Signori, è stato bello
ma la notte è finita
mettiamoci in fila
e cominciamo a scendere
i delusi in coda
e le signore davanti"
02 Nuccini
Sai anche tu di una strada in centro a Messina
dove Cristo riposa con le perle al collo e le labbra da bambina
di gente appesa a un palo nella piazza di Forlì
prima che il palco andasse a fuoco una sera d’estate
a metà del bis
Le senti, Corrado, a Cassino le voci dei morti?
O è solo l’impianto che distorce le voci?
La sera La Spezia s’accende d’oriente
io mi siedo sul marmo a...
fissare il niente
Ricordi Catania a dicembre, dall’alto?
Basile in cucina illuminato dalla santa luce del pranzo
Cavalli schiantati nelle albe annerite
di lava, di zozzo, di fango di Via Plebiscito
Vincenzo, vieni a prenderci in stazione
Aosta m’inquieta, abbiamo fame e una valigia piena di parole
Botte, portaci a dormire
C’è una luce strana a Rimini in certe notti d’aprile
Elvis, te l’ho mai detto
il mare a Bari è lo stesso che mi porto dentro
Corrado, quanto tempo abbiamo speso
a immaginare la vita fuori dai finestrini di questo treno?
Sai anche tu di una strada in centro a Messina
dove Cristo riposa con le perle al collo e le labbra da bambina
di gente appesa a un palo nella piazza di Forlì
prima che il palco andasse a fuoco una sera d’estate
a metà del bis
Le senti, Corrado, a Cassino le voci dei morti?
O è solo l’impianto che distorce le voci?
La sera La Spezia s’accende d’oriente
io mi siedo sul marmo a...
pensare a niente
03 Il Cerchio
Accendevamo il fuoco, chiudevamo il cerchio
Gli occhi della notte gelosi al di là del vetro
Accendevamo il fuoco, chiudevamo il cerchio
Judy Garland cantava felice "Somewhere Over The Rainbow"
Ma la vita cambia in un istante
Il cerchio si spezza, il fuoco si spegne
la notte si accomoda dove prima c’era la quiete
Se non ci credi un giorno te ne accorgerai
se non t’è mai successo è meglio che lo sai
se non ci credi un giorno te ne accorgerai
se non lo hai capito presto lo scoprirai
Chiedi a Dario, chiedi a Sandro
chiedi al tipo che mette a posto d’estate le sdraio
Chiedi a Sara, chiedi a Vera
chiedi al tassista che ti riporta a casa la sera
E se qualcuno non ti risponderà allora chiedilo a me
la vita cambia in un istante
Il cerchio si spezza, il fuoco si spegne
la notte s’accomoda affamata a cena
Ma l’amore ci salverà
e il dolore ci curerà
e il tuo corpo mi guiderà
tra le labbra di un’inaspettata felicità
Ma l’amore ci salverà
e il dolore ci curerà
lasciandoci annegare in questa strana felicità
04 Bar Destino
E per primo entra Emanuele e si siede in disparte
i libri di scuola mai aperti, immacolati
e guarda lontano oltre il molo e lo stadio
la strada che io ho preso e lui solo sognato
Sandra distratta, Ben con un inchino
Giorgio al bancone che beve e che dice:
“Esiste un confine, una linea che divide
la vita che funziona da quella che uccide”
Ed ecco Massimo che non avevo ancora notato
Massimo, con cui avrei vomitato
fatto
una notte di marzo con Coltrane sul piatto
E Leo a mezzanotte
travestito da Morte
la falce appoggiata sopra ai cartoni del vino
E poi arrivi tu
e mi tiri per un braccio
e insieme cadiamo
tra i tavoli affollati, le mani, i discorsi, le birre, i gelati
E io che ti seguo, giù fino a terra
in quest’assurda prova d’amore e di guerra
E vedo Andrea e la schiena di Eva,
il sorriso di Marta, Anthony e Marcella
E vedo Pietro così come sarebbe diventato
due anni più tardi dopo tutto il casino che c’è stato
E mi rivolgo a Vittoria, la prendo per mano
e le chiedo di parlarmi ancora con la stessa grazia
lo stesso amore dell’ultima volta
“Dottore, mi sente?
sono Clementi
la chiamo per dirle che sono ferito
o forse guarito
l’aspetto qui steso per terra
sotto a un tavolino del Bar Destino”
Ed ecco Massimo, che non avevo ancora notato
Massimo, con cui avrei vomitato
fatto
una notte di marzo con Sinatra sul piatto
E Leo a mezzanotte
travestito da Cristo
la corona di spine che sanguina sulla fronte del suo comico martirio
E poi tu
che solo ora mi guardi
coi tuoi occhi stranieri e mi aiuti a rialzarmi
e io mi sento stordito
e quando ti chiedo il motivo
tu mi dici: “Scusa, non lo sapevo
solo adesso ho capito”
06 Accetto Tutto
Accetto il mondo, non ho scelta
Accetto il male, accetto il peggio
il libro chiuso, il tempo perso
Accetto te, anche se non mi piaci
il vino scadente, le previsioni di domani
Accetto il sangue, accetto il guasto
Accetto l’odio e la Monsanto
Accetto il falso, il tradimento
i buoni omaggio, il fuori o dentro
Accetto il gioco ,la linea storta
il cielo cupo dopo la sbronza
Accetto i cori, la rappresaglia
la corda tesa, i bicchieri di carta
Accetto tutto, non ho scelta
Accetto il Purim e l’ashura
Divali, il sangha, le candelora
Accetto la plastica, il polietilene
le coperture in eternit e il polistirene
Accetto l’invidia, le labbra rifatte
i salotti buoni, il cibo andato a male
Accetto Sorge e Kim Philby
Gordievsky, i Rosenberg e I Magnifici Cinque
Accetto la rabbia, le paure
Toffolo, Manuel e i Massimo Volume
Accetto Voldemort e Dart Fener
Jack Ruby e quel pazzo di Ferrell
Accetto tutto, non ho scelta
oltre è il vuoto, la luce spenta
Accetto il mondo, non ho scelta
oltre è la morte
Dio ci assolva
spero non sia stanotte
07 Noi Facciamo Ciò Che Siamo
Ho scritto a Lowell e a Philip Roth
a Mavis Gallant e a quel che resta di François Villon
Ho chiesto: “Maestri, per favore
voi che siete lassù in alto, datemi una mano, una ragione
per sconfiggere questa cosa che mi rode
come i denti acuminati di una belva
attaccata al centro del mio cuore
lì dove fa più male”
Aspetto ancora una risposta
non ha senso avere fretta
non voglio credere che quella gente non prenda a cuore
il grido stonato di un artista minore
non più giovane
che di colpo ha visto il mondo vacillare
che di colpo ha colto il vuoto in uno specchio
“Noi facciamo ciò che siamo”
mi ha risposto alla fine Lowell dall’inferno
"Noi facciamo ciò che siamo, e per un motivo o per l’altro
non ho scritto mai nulla a cui dover ritornare
Nessun favo si fabbrica senza che un’ape aggiunga cerchio a cerchio
la cera e il miele di un mausoleo"
Così ho chiesto tempo
una breve proroga alla mente
che al sole pare ancora accettabile
ma la sera è affollata peggio di una sala d’aspetto
Il mare è stanco, non s’è mai addormentato
il tuo amore per un attimo s’è distratto
e io ho perso peso e ho perso il passo
la notte non dormo e di giorno sto male
Ma mi rimetterò a nuovo, non avere paura
con due gocce di Xanax, qualche striscia di scotch
e una torcia elettrica per guardare a fondo dentro al buio
“Noi facciamo ciò che siamo”
mi ha gridato Lowell dall’inferno
“Noi facciamo ciò che siamo, e per un motivo o per l’altro
non ho scritto mai nulla a cui dover ritornare
Nessun favo si fabbrica senza che un’ape aggiunga cerchio a cerchio
la cera e il miele di un mausoleo”
Io ho perso peso e ho perso il passo
la notte non dormo e di giorno sto male
ma mi rimetterò a nuovo, non avere paura
con qualche goccia di Xanax, un po’ di scotch
e una torcia elettrica per guardare meglio dentro al buio
"Noi facciamo ciò che siamo"
08 La Spiaggia
Era Oakland o era Pescara
era il mare oltre la sentina
o le dune dell’Indiana?
Eri tu tra le onde arruginite
liberato dal senso o ammanettato al destino?
Eri tu o era Mauro
morto 3 volte e 3 volte rinato?
Eri tu, Em, o sono io
che arranco a piedi nudi sulle tue orme
fra la resa e il dominio?
Eri tu, Em, o sono io
l’uomo steso sulla spiaggia, senza documenti
il fisico di un bambino?
Eri tu, Em, o sono io
quel corpo riverso sulla sabbia
vissuto a metà
o solo in cerca di un respiro?
09 In Famiglia
Mio cugino sergio vende lotti di terreno in provincia di Ascoli Piceno
“Guarda laggiù” fa orgoglioso, il dito puntato
“Lo vedi il centro massaggi, l’ipermercato?
c’è pure una chiesetta dopo la lavanderia
l’apriamo d’estate, la domenica mattina, prima che i turisti si tuffino in piscina”
Zia Vittoria si è sposata con un bresciano
“E' un chirurgo”, aveva detto in giro
poi un giorno il tipo è finito sul giornale
aveva la laurea falsa e una fedina penale lunga come un manuale
Mia nonna bruciava i polli nel garage sotto la rosticceria
ti ricordi, Memo, la puzza che facevano?
sapeva d’inverno, sapeva di fame, sapeva di unto
sapeva di cose tenute insieme male
Mio nonno andava dietro ai clienti insolventi
teneva i conti sotto al bancone della bottega di Via Monticelli
insieme agli occhiali, un flacone di Maalox, una matita spuntata
e una banconota da diecimila lire da allungarci un istante prima di salutarci
Zia Clara è rinata alla periferia di Anghiari
durante una tre giorni coi risvegliati
da allora si fa chiamare Emma
e aspetta una chiamata che la liberi finalmente da quest’inferno chiamato Terra
Mio cugino Adolfo, tutti dicono che sia l’unico col cervello a posto
ha fatto soldi con la differenziata, gioca in borsa
e nei giorni festivi vola in Polonia a sparare alle lepri con gli amici
Suo fratello Ugo, invece, tira coca e avvita rubinetti
ha assoldato una squadra di moldavi che lo farebbe volentieri a pezzi
Mia madre non vede più nessuno
dice alla gente che passa da casa che il mondo s’è appannato
che l’occhio buono l’ha tradita
e l’altro le fa un male cane
Mio padre l’ho perso a vent’anni
credeva che sarei finito alla deriva come quei tossici che incontrava alla Pinetina
invece adesso che di anni ne ho quarantotto
sono qui che scrivo versi
mentre le mie figlie giocano in salotto
E gli altri, gli altri non so che fine abbiano fatto
qualcuno sarà morto, qualcuno se ne sarà andato lontano
qualcuno avrà mollato un attimo prima di tagliare per ultimo il traguardo
tutti col sangue cattivo e un sorriso amaro
lì dove gli altri hanno la bocca e le labbra
e loro invece solo un taglio che pare una condanna
10 Quello Che Ho Perso
Avevo la rabbia
avevo il rischio
avevo il riso
avevo i denti
avevo un cane
avevo il tempo
avevo un asso
avevo un sasso
avevo Cristo
avevo i santi
avevo un’arma
avevo il grido
avevo il trucco
avevo i soldi
avevo l’oro
avevo sete
avevo i giorni
avevo fame
avevo fiato
avevo il sangue
avevo l’erba
avevo il sale
avevo il tempo
avevo il gusto
avevo il vino
avevo Leo
avevo te
avevo il tocco
la parola
la seta
e il senso della storia
Nessun commento:
Posta un commento